Una stagione a Siena
- Managò – 1988
Ora, l’editore Managò di Bordighera pubblica Una stagione a Siena, scritto nel 1982-83. La testa è girata indietro nel tempo del sole, che non era quieto. Mario La Cava, che, per la prima volta sul piano narrativo, esce dalla Calabria, racconta Siena, l’Università, una generazione senza giovinezza, se stesso negli anni del fascismo consolidato al potere e accorrente lieto alla guerra che viene, che verrà. Ma non si pensi all’autobiografia di un io individuale, sapientemente nascosto dalla terza persona narrante. Qui siamo all’autobiografia di un’intera generazione di giovani ventenni, che, saldi negli studi universitari e coronati da laurea, scontarono, bevendola tutta, la malinconia storica degli avanzanti “tempi di guerra, tempi di fame e di asservimento”, accettando, recalcitrando, opponendosi in armi, come Slavoj, o esercitando una ferma resistenza morale, come Paolo, nel quale si cela ben poco lo scrittore. Tutti fallirono, tutti si videro costretti a ridimensionare i loro sogni: anche quelli amorosi. Chi non fallisce, ancorché una mortale perplessità segni ombre, è Paolo, il quale decide contro la famiglia, contro la conseguita laurea in legge, contro la vita che urla il vortice del “particulare”, contro il fascismo che prepara la guerra, di farsi scrittore. Scrittore né imperiale né puro, ma della vita in pianto del popolo calabrese, senza orizzonti di riscatto e di liberazione.
Una stagione a Siena s’interrompe con il ritorno di Paolo al paese e i primi tentativi d’ingresso nella parola stampata. Non dice altro e non poteva dire altro. Che Mario La Cava abbia mantenuto l’impegno, ci è detto dall’opera sua, sazia di irremovibili fatti quotidiani, riprolunganti il digiuno storico della Calabria, che, avvilita, oltre che povera, constatiamo in questo romanzo di ripensamento del mestiere della parola e come accompagnato dal dubbio della sua futilità, a petto di una realtà che si è fatta accerchiare, ma non modificare. Tocca davvero alla letteratura cambiare la vita? O vero non è che, quando la letteratura “vuole” cambiare la vita, è la vita che cambia la letteratura, rendendola propagandistica e apostolica, insincera e consolatrice?
La mestizia che domina Una stagione a Siena è la verità narrativa di Mario La Cava, ciò che fa concordi la parola e il mondo circostante. Né solo in questo romanzo, ma in tutta l’opera di Mario La Cava. Ci vuole, sul serio, un cuore di leone per sopportare così a lungo un tale cilizio. Mario La Cava ha dimostrato di possederlo in maniera formidabile. Cosa sarebbe la letteratura se non fosse crudele, vale a dire non disposta a compromessi con la realtà? Scrittore sovrano di questa alterità, in cui si manifesta l’autonomia dell’arte, è Mario La Cava, giudice severo di se stesso, crudele con se stesso in una stagione a Siena, che continua a vivere in Calabria: stessi dilemmi, stessi tormenti e anni in più, che hanno immobilizzato il tempo.
Pasquino Crupi
Tratto dallo scritto introduttivo del libro. 1988