Ritorno di Perri
- Qualecultura/Jaca Book, 1993
Rileggendo la corrispondenza di Francesco Perri a Mario La Cava, ci accorgiamo che l’intellettuale di Careri fu per il «cugino di Bovalino» un autentico padre spirituale, mai parco di giudizi critici, di consigli, di esortazioni. Nella lettera del 23/12/1948 così scriveva Francesco Perri al «caro Mario»:… «Quando mi hai manifestato, circa vent’anni fa, il tuo proposito di intraprendere questa via aspra e irta di delusioni, io – se ricordi – rimasi otto mesi senza risponderti, perché mi atterriva la responsabilità di incoraggiarti ad abbracciare una croce tanto pesante, per la quale ci vuole più costanza ed eroismo che per fare il missionario».
Mario La Cava subì sempre il fascino del suo maestro, modello di rettitudine; giudicò indebita la stroncatura di Gramsci e non condivise mai l’ostracismo dato dalla cultura contemporanea ad uno scrittore «erroneamente ritenuto sorpassato». L’indignazione di La Cava fu grande, quando non scorse la presenza di alcun illustre operatore culturale ai funerali di colui che aveva composto la prima opera antifascista della letteratura italiana e che era stato il primo cantore italiano dell’emigrazione.
La stima dello scrittore bovalinese per Perri trova il suo fondamento in quelli che costituiscono i pilastri della sua espressione artistica: la forza descrittiva delle azioni di massa, la capacità di avvincere il lettore con la sapienza dell’intreccio, l’abilità di rappresentare la bellezza della natura con «la grazia di un linguaggio fresco e immaginoso».
Senza false riverenze e con quel rigore proprio di chi ama obiettività e chiarezza, La Cava fa un’analisi particolareggiata dei romanzi di Perri, seguendone ininterrottamente, per tutta la vita, il lavoro letterario. Il saggio «Francesco Perri e Corrado Alvaro nei miei ricordi», pubblicato in questo libro, costituisce l’ultima fatica di La Cava.